Per il secondo anno di fila ho passato la Pasqua ad Amburgo.
Non perché la città anseatica mi attragga particolarmente, ma per stare insieme a mia figlia.
Lei, infatti, con una Laurea specialistica in conservazione e restauro dei beni librari, dopo aver lavorato per l’Università di Granada, aver avuta una proposta dal Museo di Arte Islamica di Doha, ha vinto una borsa di studio triennale da una associazione tedesca e sta ultimando il suo Dottorato di Ricerca presso il Centro Internazionale di Studio e Conservazione dei Manoscritti di Amburgo, ove vive dal 2014.
Nulla da dire se non che ci si sarebbe aspettati una possibilità di lavoro in patria, attesa la mole di capitale librario in carico alle nostre Istituzioni culturali.
Non solo ma la sua Laurea, riconosciuta ed apprezzata fuori dei confini italici, qui non viene riconosciuta e, per costringere il Ministero dei Beni Culturali a far applicare le sue stesse normative, si deve ricorrere al Tar.
Che il nostro non sia un paese per giovani è noto.
Che non lo sia anche per ambiti nei quali dovremmo eccellere è scandaloso.
La Stato ha investito capitali per istruire soggetti che, poi, respinge e che, necessariamente, vanno a produrre reddito e a far crescere altre nazioni.
Il comico è che, poi, queste persone vengono invitate, quali esperti esteri, da quelle stesse Istituzioni che, burocraticamente, non li riconoscono.
Per questo, parafrasando Verre, ” vado a gustare di queste aringhe ad Amburgo”.
Claudio Colini