RISPETTATO IL DIRITTO

RISPETTATO IL DIRITTO

Pubblicato il 02/10/2020
N. 10048/2020 REG.PROV.COLL.
N. 03813/2020 REG.RIC.
R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3813 del 2020, proposto da
-OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-,
-OMISSIS-, -OMISSIS-, tutti rappresentati e difesi dall’avvocato Nicola
Massafra, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
ccoonttrroo
Regione Lazio, in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentato e difeso dall’avvocato Giuseppe Allocca, con domicilio
digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso gli
Uffici della Avvocatura Regionale in Roma, via Marcantonio Colonna 27;
neeii ccoonffrroonttii
Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero della Salute, in persona del
legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura
Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
ee ccoon ll”iintteerrvveenttoo dii
ad adiuvandum:
Associazione Articolo 32-97, Associazione Italiana per i Diritti del Malato e
del Cittadino, rappresentata e difesa dagli avvocati Gino Giuliano, Carlo
Rienzi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e
domicilio eletto presso lo studio C/O Codacons Carlo Rienzi in Roma,
viale Giuseppe Mazzini n. 73;
Nursind Roma – Sindacato delle Professioni Infermieristiche, rappresentato
e difeso dall’avvocato Valerio Vitale, con domicilio digitale come da PEC
da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via
dei Papareschi 11;
peerr ll”annullllameenttoo::
– dell’ordinanza del Presidente della Regione Lazio del 17 aprile 2020, n.
Z00030, recante “Disposizioni in merito alla campagna di vaccinazione
antinfluenzale e al programma di vaccinazione anti-pneumococcica per la
stagione 2020-2021”;
– di ogni altro atto alla predetta ordinanza preordinato, connesso o
collegato;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Lazio, di Presidenza del
Consiglio dei Ministri e Ministero della Salute, nonché di Associazione 32 e
Nursind;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 29 settembre 2020 il dott.
Massimo Santini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Viene impugnata l’ordinanza in epigrafe indicata con cui la Regione
Lazio ha imposto l’obbligo della vaccinazione antinfluenzale stagionale per
tutte le persone al di sopra dei 65 anni di età (pena il divieto di frequentare
luoghi di facile assembramento come centri sociali e case di riposo) nonché
per tutto il personale sanitario e sociosanitario operante in ambito regionale
(pena il divieto di avere accesso ai rispettivi luoghi di lavoro). Una forte
raccomandazione a vaccinarsi viene poi espressa per i bambini tra i sei mesi
ed i sei anni. Ratio dell’intervento regionale: consentire ed agevolare le c.d.
“diagnosi differenziali”, in modo da distinguere i sintomi dell’influenza
stagionale (che in questo modo non dovrebbero sorgere proprio per via
della predetta vaccinazione obbligatoria) da quelli da COVID 19, con
conseguente alleggerimento del carico e della pressione sulle strutture
regionali sanitarie: si eviterebbe, in altre parole, l’ingolfamento delle
strutture ospedaliere anche da parte di coloro che presentino sintomi da
semplice influenza. I motivi di ricorso possono essere così sintetizzati: a)
incompetenza della Regione, la quale avrebbe esercitato una prerogativa
(individuazione delle vaccinazioni obbligatorie) riservata alla competenza
esclusiva dello Stato; b) eccesso di potere sotto il profilo della illogicità e
della irragionevolezza della misura, nonché del difetto di istruttoria e della
erroneità dei presupposti, dal momento che una simile iniziativa non
risulterebbe idonea ad arginare il fenomeno del COVID ed anzi, in taluni
casi, ne faciliterebbe la contrazione per via del ritenuto abbassamento delle
difese immunitarie; c) violazione della libertà di autodeterminazione del
singolo (artt. 2 e 32 Cost.).
2. Si costituiva in giudizio l’intimata amministrazione regionale per chiedere
il rigetto del gravame mediante articolate controdeduzioni che, più avanti,
formeranno oggetto di più specifica trattazione.
3. Si costituiva altresì, ad adiuvandum, l’Associazione Articolo 32-97 per
chiedere parimenti l’annullamento della predetta ordinanza regionale.
Analogo intervento spiegava NURSIND, sindacato delle professioni
infermieristiche. Si costituiva infine la Presidenza del Consiglio dei ministri
per chiedere invece, con memoria di stile, il rigetto del presente gravame.
4. Con ordinanza n. -OMISSIS-questa sezione disponeva che il Comitato
Tecnico Scientifico (CTS) presso il Dipartimento della Protezione Civile
provvedesse a depositare relazione circa la coerenza di una simile
previsione regionale.
5. Con successiva ordinanza n. -OMISSIS-questa stessa sezione rigettava
l’istanza di tutela cautelare data la assenza di un pregiudizio grave e
irreparabile (l’adempimento richiesto dovrebbe infatti essere osservato
entro il 31 gennaio 2021, laddove il merito della presente controversia è
stato fissato all’odierna udienza del 29 settembre 2020). Con la stessa
decisione si disponeva altresì che le parti producessero ulteriori memorie
sul punto specifico della competenza regionale in subiecta materia.
6. In data -OMISSIS-veniva depositata, ad opera della Presidenza del
Consiglio dei ministri, ampia documentazione dalla quale si evince che il
CTS, con verbale n. 95 delle riunioni in data 16 luglio 2020 e in data 20
luglio 2020, ribadiva quanto già esplicitato nel corso delle sedute n.52 e 78
“circa l’utilità di rendere obbligatoria la vaccinazione antinfluenzale nei soggetti esposti e
vulnerabili, ovvero segnalando la necessità di aumentare la copertura nelle persone di età
pari o superiore a 65 anni, valutando l’eventuale obbligatorietà della stessa soprattutto
nei soggetti di età pari o superiore a 75 anni, per tutto il personale sanitario,
indipendentemente dall’età, e per tutte le persone accolte in lungodegenze, strutture socio
sanitarie residenziali per anziani e disabili (residenze sanitarie assistenziali, residenze
assistenziali e case di riposo, indipendentemente dalla loro età)”.
7. Alla pubblica udienza del 29 settembre 2020 le parti rassegnavano le
proprie rispettive conclusioni ed il ricorso veniva infine trattenuto in
decisione.
8. Tutto ciò premesso va innanzitutto affrontato il tema della competenza
regionale in merito alla possibilità o meno di adottare simili ordinanze
contingibili ed urgenti.
9. Al riguardo va preliminarmente osservato che:
9.1. La sentenza del TAR Calabria n. 1462 del 15 settembre 2020 è netta
nell’affermare che una simile competenza sia statale. La giurisprudenza
costituzionale (prima tra tutte la sentenza n. 5 del 2018) sarebbe infatti
orientata ad affermare che la vaccinazione obbligatoria, in quanto
trattamento sanitario da imporre ai singoli cittadini, rientri nella sfera di
attribuzione del potere centrale. In quel caso è stata annullata una
ordinanza regionale del tutto speculare a quella della Regione Lazio;
9.2. Anche il TAR Palermo, seppure con riferimento alla questione
migranti, ha affermato con sentenza n. 1952 del 25 settembre 2020 che la
legislazione emergenziale COVID autorizza, sì, le regioni ad introdurre
misure più restrittive rispetto a quelle stabilite dallo Stato, ma soltanto nei
più specifici limiti stabiliti dal legislatore statale stesso.
10. Il collegio ritiene di condividere i due precedenti testé richiamati per le
seguenti particolari ragioni:
10.1. Sul piano della normativa speciale non sembrerebbe innanzitutto
riscontrabile, una simile competenza regionale, sulla base di quanto previsto
dalla legislazione emergenziale COVID. Basti pensare che l’art. 3, comma 1,
del decreto-legge n. 19 del 2020 e l’art. 1, comma 16, del decreto-legge n.
33 del 2020, autorizzano sì le regioni ad introdurre misure più restrittive (ed
anche più ampliative) rispetto a quelle statali ma soltanto nel circoscritto
ambito di settori ed aree tematiche (comunque rientranti nella competenza
costituzionalmente loro accordata) di cui all’art. 1, comma 2, dello stesso
decreto-legge n. 19 del 2020 (es. limitazione circolazione persone, chiusura
strade, interventi su eventi e manifestazioni culturali, sportive e religiose,
trasporti, servizi scolastici e presenza negli uffici pubblici, regolazione di
attività commerciali, imprenditoriali e professionali). Aree e materie tra cui,
come risulta piuttosto evidente, senza dubbio non è altresì annoverabile la
tematica delle vaccinazioni obbligatorie di cui in questa sede si discute;
10.2. Sul piano della normativa più generale, poi, è ben vero che l’art. 32 della
legge n. 833 del 1978 prevede al terzo comma che il presidente della giunta
regionale possa adottare ordinanze contingibili ed urgenti in materia di
sanità pubblica, ma è altrettanto vero che tale disposizione debba ormai
essere letta in uno con le disposizioni di cui all’art. 117 del decreto
legislativo n. 112 del 1998 e di cui all’art. 50 del decreto legislativo n. 267
del 2000 (come modificato sul punto dal decreto-legge n. 14 del 2017),
disposizioni queste rispettivamente entrate in vigore all’indomani del
decentramento amministrativo e della riforma del Titolo V della
Costituzione. Esse prevedono in particolare che simili poteri di ordinanza
(statale oppure regionale) possano essere esercitati “in ragione della dimensione
dell’emergenza”. Va da sé che, ove la suddetta dimensione abbia valenza
infraregionale (e comunque sovracomunale), il presidente della regione
interessata risulterà ben legittimato ad intervenire. Laddove invece la
dimensione assuma quanto meno portata ultraregionale se non addirittura
nazionale (come del resto nel caso di specie) la competenza ad adottare
simili provvedimenti di urgenza non potrà che essere riservata al centro di
imputazione ministeriale. Detto altrimenti, si darebbe luogo ad una
inversione del meccanismo della c.d. “attrazione in sussidiarietà” che il
nostro ordinamento tuttavia non ammette nei termini sopra descritti (la
regione eserciterebbe infatti una competenza statale per risolvere problemi
regionali, laddove di solito è lo stato centrale ad “attrarre” competenze
regionali per affrontare questioni di livello nazionale);
10.3. Ancora sul piano della normativa generale, la Regione Lazio invoca la
applicazione a suo favore del decreto legislativo n. 1 del 2018 (Codice della
Protezione Civile) senza tuttavia considerare che, in base al combinato
disposto di cui agli artt. 5 e 25 del predetto codice, la competenza ad
adottare ordinanze in tale materia è da ascrivere in capo al Presidente del
Consiglio dei ministri (il quale può agire in tal senso anche per il tramite del
Capo Dipartimento della Protezione Civile), mentre alle regioni è riservato
soltanto il potere di rilasciare l’intesa sulle ordinanze stesse. Risulta pertanto
evidente come nel caso di specie la Regione Lazio si sia del tutto discostata
dal descritto modello legale, e ciò dal momento che il Presidente della
Regione Lazio ha unilateralmente e direttamente esercitato una simile
iniziativa senza attendere che fosse il Presidente del Consiglio dei ministri a
muoversi primariamente nella indicata direzione;
10.4. La questione di competenza va altresì affrontata sul piano più
latamente costituzionale. E ciò dal momento che la suddetta ordinanza è stata
adottata in deroga rispetto al quadro normativo primario di riferimento. Di
qui l’esigenza di ricorrere, onde correttamente inquadrare la competenza
dei rispettivi organi, agli ordinari criteri di riparto dettati dalla Costituzione
(come cristallizzati dagli insegnamenti della Corte costituzionale). Ebbene si
osserva al riguardo che:
10.4.1. Secondo la citata sentenza n. 5 del 2018 della Consulta:
a) la vaccinazione obbligatoria è tematica riservata alla competenza statale.
Il confine tra terapie ammesse e non ammesse, o meglio tra trattamenti
obbligatori e non obbligatori (oppure raccomandati, come nel caso dei
vaccini), rientra tra i principi fondamentali della materia “tutela della salute”
e deve dunque essere stabilito dallo Stato;
b) ciò anche allo scopo di garantire “misure omogenee su tutto il territorio
nazionale” (cfr. punto 7.2.2. della predetta sentenza);
c) la scelta tra obbligo o raccomandazione ai fini della somministrazione del
vaccino costituisce in particolare il punto di equilibrio, in termini di
bilanciamento tra valori parimenti tutelati dalla Costituzione (nonché sulla
base dei dati e delle conoscenze scientifiche disponibili), tra
autodeterminazione del singolo da un lato (rispetto della propria integrità
psico-fisica) e tutela della salute (individuale e collettiva) dall’altro lato. Tali
operazioni di bilanciamento vanno pertanto riservate allo Stato (cfr. altresì,
su temi analoghi: Corte cost. n. 169 del 12 luglio 2017; n. 338 del 14
novembre 2003; n. 282 del 26 giugno 2002; n. 258 del 23 giugno 1994);
d) sempre in tema di vaccinazioni obbligatorie sono poi riservati, in capo
alle regioni, alcuni spazi riguardanti, ad esempio, l’organizzazione dei servizi
sanitari e l’identificazione degli organi deputati al controllo ed alle
conseguenti sanzioni (punto 7.2.4. della sentenza);
10.4.2. Ora, non è disconosciuta dalla stessa Corte costituzionale la
possibilità che le Regioni possano legiferare (oppure intervenire con effetti
sulla normazione primaria, come nel caso di specie) in settori riservati al
legislatore statale. Ciò, in ogni caso, a condizione che vengano rispettati i
“principi” fissati dalla legge statale, laddove per “principio” deve talora
intendersi proprio quel “punto di equilibrio” raggiunto tra “esigenze
plurime” ovverossia tra diversi se non opposti interessi di matrice
costituzionale (cfr. Corte cost. n. 268 del 14 dicembre 2017). Punto di
equilibrio la cui eventuale modificazione ad opera di un intervento
regionale, sebbene da qualificarsi come “aggiuntivo” o “rafforzativo”
rispetto alla misura/soglia fissata dal legislatore statale, comunque si
tradurrebbe in una “alterazione, quindi in una violazione, dell’equilibrio tracciato
dalla legge statale di principio” (cfr. Corte cost., sentenze n. 307 del 7 ottobre
2003, n. 331 del 7 novembre 2003 e n. 166 dell’11 giugno 2004). Ebbene,
anche nel caso di specie la “soglia” stabilita dal legislatore statale tra obbligo
e raccomandazione del vaccino antinfluenzale, poiché costituisce il frutto di
una operazione di bilanciamento complessa ed articolata tra libertà del
singolo e tutela della salute individuale e collettiva (operazione condotta
anche sulla base delle conoscenze scientifiche disponibili a quel momento),
non potrebbe essere derogata dalle regioni neppure in melius ossia in senso
più restrittivo (elevando, in altre parole, il livello di obbligatorietà per talune
fasce di età e per alcune categorie professionali “a rischio”);
10.4.3. Certamente va considerato, altresì, che l’intervento regionale in
discussione è dettato da esigenze organizzative in materia di sanità
(obiettivo dichiarato: quello di alleggerire carico e pressione sulle strutture
ospedaliere durante il periodo autunnale ed invernale mediante ricorso a
diagnosi differenziali). Esistono tuttavia anche altre strade per evitare il
decongestionamento delle strutture sanitarie, strade tutte che ben
potrebbero rientrare nell’alveo delle competenze regionali
costituzionalmente accordate (es. potenziamento attività di tracciamento,
c.d. tracing, intensificazione dei tamponi, concreto sviluppo della medicina
di prossimità). Appare piuttosto evidente che, con riferimento a queste
ultime misure, si tratterebbe di interventi che probabilmente
comporterebbero un maggiore impiego di risorse organizzative e
finanziarie, ma un logica di risparmio pubblico non potrebbe giammai
giustificare, ad ogni buon conto, un simile spostamento della competenza
normativa dall’alto verso il basso;
10.4.4. A ciò si aggiunga che, inibendo tra l’altro l’accesso al lavoro al
personale medico che non si sottopone alla suddetta vaccinazione
antinfluenzale, si violerebbe altresì la competenza statale a dettare principi
fondamentali in materia di tutela e sicurezza nei luoghi di lavoro;
11. Riepilogando brevemente sullo specifico tema:
11.1. La normativa emergenziale COVID non ammette simili interventi
regionali in materia di vaccinazioni obbligatorie;
11.2. Le disposizioni in materia di igiene e sanità nonché di protezione
civile non recano previsioni che possano autorizzare le regioni ad adottare
questo tipo di ordinanze allorché il fenomeno assuma, come nella specie,
un rilievo di carattere nazionale;
11.3. L’ordinamento costituzionale non tollera interventi regionali di questo
genere, diretti nella sostanza ad alterare taluni difficili equilibri raggiunti
dagli organi del potere centrale.
12. In conclusione si deve affermare che, al di là della ragionevolezza della
misura (peraltro comunque auspicata dal CTS nei verbali agli atti del
giudizio depositati), la sua introduzione non rientra nella sfera di
attribuzioni regionale ma, semmai, soltanto in quella statale. Sede
quest’ultima cui va dunque ascritta ogni competenza e responsabilità –
anche di matrice politica – in merito alla decisione di introdurre o meno
obblighi di questo genere.
13. L’accoglimento del predetto vizio di incompetenza esaurisce peraltro
l’oggetto stesso del presente giudizio e rende obbligatorio l’assorbimento
delle ulteriori censure sostanziali, versandosi in situazione ove il potere
amministrativo non è stato ancora esercitato (art. 34, comma 2, c.p.a.). Si
vedano sul punto le conclusioni tratte da: Cons. Stato, sez. IV, 1° marzo
2017, n. 941.
14. Alla luce di quanto sopra riportato ed affermato il ricorso deve dunque
essere accolto, nei sensi e nei limiti di cui sopra, con conseguente
annullamento della ordinanza regionale in epigrafe indicata.
15. La complessità della fattispecie comporta la compensazione integrale
tra le parti costituite delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater),
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo
accoglie e per l’effetto annulla l’ordinanza pure in epigrafe indicata.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del
decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del
Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del
27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata,
manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 settembre 2020
con l’intervento dei magistrati:
Riccardo Savoia, Presidente
Massimo Santini, Consigliere, Estensore
Francesca Ferrazzoli, Referendario
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Massimo Santini Riccardo Savoia
IL SEGRETARIO
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti
interessati nei termini indicati.